Intorno agli anni 1925, tra la prima e la seconda guerra mondiale, emerse lo stile art decò – nome coniato dopo l’esposizione delle Arti Decorative di Parigi. Si definisce così lo stile che unisce le linee semplificate, stilizzate e geometriche sintesi di varie influenze stilistiche tra cui lo stile cubista, la Secessione Viennese, i “ballets russes” di S. Djaghilev, l’influsso della tecnologia e del funzionalismo del Bauhaus creando gioielli leggeri, piatti, angolari, adatti alla moda delle sottane corte, dei capelli tagliati a zazzera e delle donne snelle.

Verso la metà degli anni venti emerse la moda del bianco e nero e, quindi, all’uso frequente dell’onice nero e, nel metallo, del platino.
Un materiale inusuale è adoperato dall’orafa del Bauhaus Naum Slutzky la quale lavorò oltre all’argento anche l’ottone cromato. Nel settore delle incastonature nel 1935 fu introdotta una novità da Van Cleef & Arples che realizzarono incastonature invisibili per creare con le pietre un effetto mosaico.

 

E’ la prima volta che si mescola una tale varietà di pietre colorate, tagliate singolarmente per essere adattate al disegno: infatti dorante il periodo tra le due guerre l’arte di tagliare le gemme raggiunse un momento di massima abilità.
La novità più grande nella produzione dei gioielli riguardò però gli accessori. Essi, infatti, divennero elemento essenziale per le donne dell’epoca che desideravano borsette, portacipria e portasigarette eleganti e originali. Lo stile geometrico dell’art decò si adattò bene alla loro funzionalità e vennero realizzati veri gioielli. Le versioni più economiche utilizzavano materiali meno costosi come la pelle zigrinata (pelle di razza o squalo lucidata e colorata) e coquille d’oeuf ( mosaico di gusci d’uovo schiacciati).
Intorno agli anni ’30 lo stile Art Deco si allargò e adottò forme massicce , più scultoree, che anticipavano i gioielli d’oro dell’epoca della seconda guerra mondiale.